martedì 27 maggio 2014

la sindrome del nido vuoto

Perchè i genitori devono sentire la propria casa vuota e la propria vita diventare quasi priva di senso quando un figlio va a vivere per conto proprio?
I figli si mettono al mondo per aiutarli a vivere la propria vita (che è diversa dalla nostra) oppure perchè essi diano, attraverso la loro presenza, un senso alla nostra? Il senso della nostra vita ce la danno i nostri figli?
Dobbiamo riflettere su queste domande fin da quando i nostri figli sono piccoli, perchè essi percepiscono chiaramente se noi genitori non siamo capaci di stare sufficientemente bene al mondo senza di loro. 
Se ciò avviene, invece di convogliare tutte le proprie energie vitali nella risoluzione dei problemi della propria esistenza, invece di ricercare le risposte che la vita pone loro in termini di scelte importanti, i figli sentono il dovere di occuparsi di noi, di farci da sostegno psicologico, gravandosi di un peso che non gli appartiene.
Sarebbe come se noi ci appoggiassimo fisicamente sulle loro spalle e impedissimo loro di camminare nel mondo liberamente, per affrontare i propri problemi e raggiungere i propri obiettivi esistenziali. Invece di avere dei genitori che li aiutano in questo faticoso compito, si troverebbero a doversi preoccupare del malessere dei genitori che non sono capaci di badare a se stessi.

Se i nostri genitori non ci hanno guardato e riconosciuto sufficientemente nella nostra individualità e non ci hanno dato quell'affetto che avremmo voluto avere, non abbiamo comunque il diritto di chiedere ai nostri figli l'appagamento delle nostre frustrazioni. I figli non devono nemmeno sostituire quell'attenzione e quell'amore che il nostro coniuge non ci ha dato o non ci dà.
Siamo noi che dobbiamo cercare di risolvere i nostri problemi affettivi, non i nostri figli. 
Loro non devono conoscere l'evolversi quotidiano del dolore che ci provocano le nostre carenze affettive. Non è bene raccontare ai propri figli tutto quello che ci disturba intimamente sul versante emotivo.
Dobbiamo farcene carico noi, perchè è la nostra vita, non la loro.

Se non possiamo fare a meno di comunicargli qualcosa dei nostri dispiaceri, dobbiamo però anche trasmettere in modo chiaro e sincero il messaggio che sono problemi nostri e che non riguardano loro. Non dobbiamo chiedere loro che ci telefonino sempre o che ci vengano a trovare troppo spesso solo perchè ci sentiamo tristi e soli senza di loro.
Lo so che a volte è difficile comportarsi così e che comunque è vero che ciascuno fa quello che può, ma dobbiamo cercare con tutte le nostre forze di occuparci di noi, di realizzare il nostro bene, di volerci bene il più possibile, perchè in questo modo avremo un figlio che sarà libero e felice di sentirci e venirci a trovare con il vero piacere di farlo. 
Volendoci bene, liberiamo nostro figlio dalla necessità di preoccuparsi troppo per noi e, in questo modo, facciamo a noi stessi (e anche a lui) il regalo più grande che esiste: la libertà di vivere la propria vita senza essere o avere un peso da sostenere.
E se, come spesso capita, sono i nostri genitori a pesare indebitamente su di noi, dobbiamo cercare di non farcene assillare troppo, anche per non riversare poi le nostre fatiche sui nostri figli, in una catena nevrotica generazionale che dovrebbe essere interrotta il più presto possibile per il bene di tutti. 
  
   

4 commenti:

Francesca ha detto...

Ho due figli adolescenti e non vedo l'ora che trovino la loro strada e mi lascino vivere la mia vita. Adesso mi sembra di essere un taxista!!! Altro che sindrome... io desidero che il nido si svuoti!!!
Un abbraccio
Francesca

Anna ha detto...

Non è facile. Ma è la cosa giusta da fare.

Maria D'Asaro ha detto...

Gent.mo Giorgio, grazie per queste parole chiare e risolutive.
Le proporrò oggi a un corso di formazione per genitori nella mia scuola, dove svolgo il ruolo di psicopedagogista.

alessandra ha detto...

Gli aspetti comportamentali di un genitore verso i figli da te spiegati sono importantissimi, ci penso sempre, a volte fragilmente scivolo e sicuramente li carico delle mie frustrazioni, spesso sono una mamma chioccia,li metto al centro del mio mondo, poi ritorno sui miei passi e penso che il mio mondo è mio, loro ne fanno parte ma non ne sono i pilastri di sostegno, non sono il confessionale, sono il nostro amore e perciò la loro e nostra libertà.