mercoledì 27 marzo 2013

la scala verso il cielo

Heaven and Hell - Jim Warren
Fin da piccolo gli avevano detto che il senso della vita consiste nel salire più in alto possibile, vincendo la concorrenza degli altri.
Così, quando camminando trovò una scala che saliva diritta verso il cielo, non esitò ad afferrarla e cominciò ad arrampicarsi con gioiosa energia.
Gradino dopo gradino si innalzava sempre più dalla terra e più saliva, più era felice.
Provava la piacevole ebbrezza di fare qualcosa di bello e di buono, qualcosa che tutti gli altri approvavano e avrebbero desiderato fare.
Vedeva che intorno a lui c'erano molte altre scale con altri arrampicatori, ma lui era davvero veloce nel salire, mentre gli altri rimanevano inesorabilmente più in basso. Questa consapevolezza lo rendeva felice, perché si rendeva conto di essere migliore, più capace degli altri.

Negli anni era salito così in alto che pochi avevano raggiunto la sua altezza e la terra era molto, molto più in basso.
Poi un giorno fece una cosa che non aveva mai fatto: si sporse, guardò di sotto ed ebbe un capogiro, sentì la paura di cadere di sotto e si aggrappò con tutta la sua forza alla scala, col cuore che batteva forte, cercando di recuperare la sua freddezza, ma niente ormai era più come prima.
Aveva perso la sua grande sicurezza, aveva vacillato, e le gambe erano percorse da un tremore nuovo, sconosciuto e fastidioso. Il respiro si era fatto corto e un po' ansimante, il cuore sembrava impazzito: aveva paura di cadere di sotto, di schiantarsi, si rese conto che era salito tanto in alto che una caduta improvvisa gli sarebbe stata fatale.
Così si ritrovò nel dubbio: una parte di lui voleva restare in alto, a godersi i meriti della posizione di privilegio che si era guadagnato con la sua capacità di scalatore, mentre un'altra parte gli faceva intendere che sarebbe stato meglio scendere gradualmente verso il basso.
Guardava giù e pensava a come stavano bene quelli che erano in basso, sulla terra, loro sì che potevano muoversi tranquillamente senza correre il rischio di precipitare.
Lui rimase lì, fermo, bloccato, con gli occhi chiusi, incapace sia di salire che di scendere, con le mani che stringevano con forza quella scala che aveva salito con tanto slancio e tanta felicità per tutta la sua vita.


sabato 23 marzo 2013

il nostro muro

Immaginate che, mentre state camminando, vi trovate di fronte un muro alto tre metri e lungo cento. 
Se avete 50 anni, immaginate di trovarvi proprio a metà della lunghezza del muro, se siete più giovani immaginate di essere un po' più a sinistra della metà e se avete passato i 50, immaginate di trovarvi più a destra della metà.
Bene, siete di fronte al muro, e vedete che tutta la parte del muro che sta alla vostra sinistra è stata piastrellata nel tempo con piastrelle tutte diverse tra loro, alcune brutte, altre belle, alcune scolorite, altre con colori brillanti. Ci sono zone del muro che non vi piacciono, altre che vi colpiscono per la loro bellezza. Ci sono piastrelle che cambiereste, altre che invece apprezzate molto. Ma nell'insieme il muro è fatto così: un po' bello e un po' brutto.
Adesso guardate di fronte a voi e alla vostra destra e vedete che lì il muro è completamente grezzo, non c'è stata ancora messa nessuna piastrella, è tutto da ricoprire.
E voi siete lì, davanti al vostro muro, che rappresenta la vostra vita, a sinistra quella già vissuta nel bene e nel male, e davanti a voi e a destra quella ancora da vivere, quella che potete riempire ancora di contenuti nuovi. 
Allora, cosa conviene fare? 
Trascorrere il proprio tempo a guardare a sinistra il muro già piastrellato, lamentandosi per i pezzi che non vi piacciono ma che non si possono più togliere, oppure è meglio prendere in considerazione il muro ancora grezzo che c'è davanti a voi e alla vostra destra, chiedervi come vi piacerebbe piastrellarlo e cercare di procurarvi il materiale idoneo per fare un bel lavoro? 


sabato 16 marzo 2013

Ulisse: l'uomo che le donne cercano oggi?

Vi ricordate Ulisse, il protagonista dell'Odissea di Omero?
Di lui è sempre stata apprezzata soprattutto la scaltrezza (suo lo stratagemma del cavallo di Troia), che gli ha permesso di passare indenne attraverso mille avventure nel lungo viaggio di ritorno da Troia alla sua casa di Itaca, dove lo aspettava la moglie Penelope insieme al figlio Telemaco.
Ebbene, il personaggio di Ulisse è stato recentemente rivalutato e portato come esempio di come dovrebbe essere il maschio del nostro tempo da Roberto Botti nel libro: Dioniso e l'identità maschile. Vediamo il perché.

Ulisse andò alla guerra di Troia, ma solo perchè vi fu costretto. Quando vennero a chiamarlo per partecipare alla guerra, Ulisse finse di essere pazzo, pur di poter rimanere a casa con la moglie e il figlio piccolo. Per capire se Ulisse era pazzo davvero, misero il figlio Telemaco davanti all'aratro con cui egli stava arando la terra, cosicché fu costretto a compiere un semicerchio per evitare il figlio e fu evidente che pazzo non era.
Quando Calipso gli offrì la vita eterna al pari degli Dei, egli rifiutò, dicendo che preferiva la sua condizione umana.
Rifiutò le droghe che gli offrirono i Lotofagi per dimenticare il viaggio di ritorno a casa e, successivamente, non si lasciò sedurre né dalla maga Circe né dal canto delle Sirene.
Il suo amore per Penelope era così forte, che costruì il letto nuziale con il legno di un ulivo al quale lasciò infisse le radici nella terra e costruì la sua casa attorno a quel letto nuziale che nessuno avrebbe mai potuto spostare.
Vedeva nel figlio Telemaco il successore di stesso e non aveva per lui nessun sentimento negativo, nessuna invidia.
Sia Penelope che Telemaco ricambiavano il suo amore: la prima lo aspettò per vent'anni rifiutando la corte dei Proci, tessendo la tela di giorno e disfacendola durante la notte, mentre Telemaco collaborò con lui alla cacciata dei Proci.
Inoltre, quando Ulisse incontrò dopo vent'anni il vecchio padre Laerte, che stava molto male, si commosse fino a piangere, senza paura di perdere la sua maschilità.

Insomma, la famiglia di Ulisse sembra proprio una famiglia dove tutti si vogliono un gran bene, dove circolano sentimenti positivi, e dove il maschio non fa solo il maschio nel senso abituale del termine, perché alle virtù tradizionali del maschio unisce sentimenti veri, profondi e nobilissimi.
Ulisse sembra essere un maschio normale, un antieroe rispetto ai nostri tempi moderni, col suo culto dell'azione insieme a quello del limite, a significare l'integrazione della potenza del maschile desideroso di fare sempre nuove conoscenze, col sentimento e il desiderio di incarnazione di un femminile che ama le relazioni paritarie e i legami basati sulla reciprocità degli affetti. 


lunedì 11 marzo 2013

la psicoterapia con gli adolescenti

Le tre età dell'uomo - Giorgione (1500-1501)
Lavorare con gli adolescenti è molto coinvolgente e delicato.
L'adolescenza è uno dei momenti più importanti della vita, quello in cui il bruco si trasforma gradualmente in farfalla.
Poter essere d'aiuto in questo momento cruciale di transizione è molto appagante. E' un periodo della vita in cui l'esistenza deve prendere una qualche direzione e le conseguenze delle scelte fatte in quel periodo incideranno fortemente sugli anni successivi.
Molte volte noi adulti scopriamo tardivamente che non abbiamo vissuto compiutamente la fase adolescenziale e dobbiamo ricordarci di come eravamo allora, per attingere energie che poi abbiamo perduto per strada, o per coccolare e amare quell'adolescente che siamo stati, che tanto ha sofferto per mille ragioni e che è ancora vivo dentro di noi.

Chi non ha, almeno una volta da adolescente, pensato alla possibilità di farla finita con la vita? Sono pochi coloro che possono dire di avere avuto una adolescenza felice e mediamente serena.
Da adolescenti, ci sono tante cose che non si sanno, che non si sono mai vissute e che è necessario sperimentare, passarci in mezzo per crescere. A volte gli adolescenti si mettono la maschera della spavalderia e della sfrontatezza, ma spesso è semplicemente per dissimulare paure e timori.
A volte la timidezza li blocca e impedisce loro di andare oltre.

Il problema fondamentale degli adolescenti è diventare consapevoli della propria identità e avere il coraggio di viverla nei rapporti con gli altri. Poiché ciò spesso non è per niente facile, assumono identità collettive: seguono mode e diventano parte di gruppi, di bande, di compagnie, al cui interno si sentono rassicurati e accomunati da valori condivisi.
Le tre età dell'uomo - C.D.Friedrich (1835)
Nel tempo ho realizzato che i fattori che favoriscono un buon lavoro con gli adolescenti sono:
- il prenderli sul serio in tutto e per tutto senza avere con loro comportamenti paternalistici;
- far loro sentire che ti prendi davvero a cuore la loro situazione e che sei coinvolto emotivamente con loro sinceramente;
- ascoltarli davvero e non cercare di dare risposte o ricette affrettate;
- avere un rapporto empatico e non assumere l'atteggiamento del terapeuta tecnico e distaccato.

Se un ragazzo chiede di andare da uno psicologo, secondo me bisognerebbe cercare di assecondarlo, perché vuol dire che qualche problema ce l'ha davvero. Se invece siamo noi genitori a pensare che dovrebbe andarci, ma lui non vuole assolutamente, la situazione è delicata.
A me è capitato di vedere ragazzi trascinati lì a forza dai genitori, che mi hanno semplicemente detto che erano i genitori ad avere dei problemi, mentre altri hanno riconosciuto che forse un po' di lavoro psicologico poteva essere utile. Certo devono sapere che andare dallo psicologo non significa andare dal dottore dei matti, ma cercare un aiuto per superare i loro problemi.

Se si riesce a stabilire una buona relazione terapeutica con un adolescente, si diventa partecipi di un mondo affascinante, pieno di emozioni e sentimenti purissimi e a volte contrastanti, oltre che di paure e timori che spesso vengono vissuti come sovrastanti e quasi impossibili da affrontare. E' come andare al luna-park  sulle montagne russe o fare un viaggio in terre primordiali come l'Islanda, piena di geyser che spruzzano acqua bollente vicino a grandi e freddi ghiacciai.
Il fascino della vita e delle sue contraddizioni allo stato nascente.